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17 marzo 2012

Plaudenti e detrattori

Trovo che "L'Amaca" di Michele Serra sull'uso di Twitter sia molto condivisibile. In questo articolo lo spiega in modo chiarissimo ma, come lui stesso sottolinea, di caratteri ce ne sono voluti molti di più.
Io uso Twitter, la messaggistica telefonica e Facebook, amo la sintesi e rifuggo la logorrea, ma il comunicare in breve non garantisce l'efficacia né può sostituire concetti profondi e articolati.
La sintesi, che Iddio la benedica, è un dono; però spiegare ai miei figli come affrontare un dolore o come scegliere la facoltà universitaria prevede qualche concetto in più, e anche ben sviluppato. Twitter è una gran cosa, ma non rende le parole più sagge o ponderate in virtù della sintesi. Spesso innesca "meccanismi da stadio" (di cui nessuno, credo, sente la mancanza) ed espone al rischio concreto di sentirsi parte di un consesso planetario solo perché il palcoscenico è grande e ci si sta in tanti.
La conclusione del succitato articolo di Serra è, paradossalmente, un twitt perfetto: Per comunicare basta scrivere "io esisto". Per scrivere, spesso è necessario dimenticarlo.

1 commento:

  1. il rispetto delle parole, anche sui nuovi media, è almeno altrettanto importante dell'urgenza-obbligo-smania di "comunicare"
    Sante parole!

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