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18 giugno 2015

Il domino nero

Giugno 2015. Non 1800, 2015. Cammino in una via centrale di Bologna quando vedo un bus ancora fermo, con le porte aperte, e un uomo di colore - va detto ed è importante - che correndo raggiunge il mezzo. In quel preciso momento l'autista chiude le porte. L'uomo bussa e si sbraccia. L'autista - lo vedo bene perché sono davanti al vetro anteriore - guarda lo specchietto retrovisore, poi il mancato passeggero, sorride cattivo e, senza riaprire le porte del bus, riparte. L'uomo rimasto a piedi, in tuta da lavoro, forse passerà un guaio per il ritardo. E non provateci neanche a dire che almeno una volta è capitato a tutti. In questo momento storico, e non è il primo, essere rom, profughi o neri è una condanna senza processo e senza appello. E forse lo stesso autista riserva ai neri campioni dello sport un'adorazione irragionevole, spesso rivolta a ragazzi viziati e senza reali meriti... Un lato indegno dell'uomo, mai veramente combattuto e superato. La cattiveria di chi ha potere - poco o tanto non fa differenza, nelle intenzioni - rispetto a chi non può scegliere è diffusa e sbandierata come un pregio, come un punto d'orgoglio. Mentre guardo questo enorme dòmino ormai innescato provo una profonda vergogna. Non meritiamo di essere chiamati umani.

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