Si scorge un braccio sottile sotto la bara di plastica alla cui vista non mi abituerò mai. Di braccia come quelle se ne sono poggiate, inerti, ormai a migliaia sul cemento dei porti del sud.
E' un braccio che avrà portato un sacchetto della spesa, cullato un bambino, impastato il cemento, giocato o scritto su un quaderno. E' il braccio di una persona che ha amato ed è stata amata allo stesso, identico modo in cui amo io e ami tu. Viene qui per provare a vivere, se non muore durante il tragitto.
Io non ho la soluzione, non ne ho mai nemmeno per le mie piccole cose, ma mi sono resa conto - e come me, tutti - che una soluzione serve. Che non è certo quella di rimandarli a casa, nemmeno economicamente. E non è quella di stiparli nei centri preposti; basta leggere i numeri relativi alla capienza di ogni centro per rendersi conto che gli dai la terraferma, ma gli togli per sempre la dignità. Oggi sentivo parlare Fabrizio Gatti, che ha messo in gioco la sua vita per capirne di più. Forse anche ascoltando persone come lui si potrebbero trovare soluzioni diverse.
Si scorge un braccio sottile sotto quella bara di plastica. Di braccia come quelle se ne sono poggiate, inerti,
ormai troppe sul cemento dei porti del sud.

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